Oggi scrivo anche se non sono in vena. Su questo mio diario di vita ho sempre pubblicato articoli scritti con piacere, con spensieratezza, con libertà, ma non oggi.
Devo per dovere nei confronti di una persona. Paola. Nome vero. Per chi leggerà capirà.
Paola donna single, divorziata, discreta. Impiegata in banca. Felice mamma di due ragazze. L’ho incontrata tre volte in quel di Pesaro. Ogni volta è stata un piacevole incontro fino al momento della nascita del nuovo giorno visto dal letto attraverso il balcone di casa sua, con i suoi colori di gioia.
Quei tre incontri avvenuti tra metà 2016 e inizio 2017, e dopo di che non l’ho più vista, sentita un paio di volte, poi il silenzio. Ho provato a contattarla ma nulla. Dopo circa un anno dall’ultimo incontro mi arriva una telefonata sua, almeno il numero telefonico in rubrica che avevo era quello, ma la voce non era la sua. Questa voce non conosciuta mi chiede se ero Claudio. Al momento rimango basito. Rivedo sul cellulare e vedo che al quel numero telefonico era abbinato a Paola, ma la voce ero sicuro che non era la sua, ma quando si dice la verità non si ha mai nulla da temere. Alla mia affermazione, la voce dall’altra parte con cortesia mi risponde: Scusa se ti disturbo, sono la sorella di Paola.
Ed io di botto rispondo: La sorella!!!
Si
Scusami te. Ma capisci il mio imbarazzo. Chiami con il numero di Paola, la voce non è la sua ma della sorella. Come vuoi che rimanga in questa situazione?
Hai ragione e mi scuso di nuovo. Volevo dirti che Paola mi ha parlato di te negli ultimi suoi giorni.
Ultimi suoi giorni? Scusa puoi ripetere? Che vuoi dire?
Voglio dire che purtroppo non c’è più.
A questa sua parole mi si raggela il sangue. La sorella mi racconta un po' cosa è successo e il motivo di questa sua chiamata. Inizia col dire la motivazione da parte di Paola la scelta di chiamare un accompagnatore per donne, non voleva legami con persone in quanto sapeva di avere un cancro e voleva però sentirsi donna senza che qualcuno sapesse delle sue condizioni di salute ma allo stesso tempo senza giudicare la sua voglia di sentirsi donna. Non voleva legami sentimentali, visto che la sua vita era segnata da questo male incurabile. Quindi a seguito di queste ragioni aveva scelto di compiere il passo verso di me. Premesso che tutto questo Paola lo aveva confidato alla sorella solo nell’ultimo periodo, indicando poi un quaderno con pensieri rivolti a me. A seguito di questi scritti la sorella mi ha chiamato per ringraziarmi. Io non capivo. Scrivo testualmente le parole intercorse durante la conversazione.
Ti ho chiamato per ringraziarti e per aver reso felice Paola. Pur non approvando la sua scelta di chiamare un gigolò accompagnatore per farlo venire fin qui a Pesaro in casa sua, ma leggendo i suoi pensieri in cui esprimeva tutta la sua gioia di essere giunta a questa sua decisione si sofferta all’inizio ma gioiosa alla fine. Devo solo ringraziarti. Hai reso donna una donna che la vita le ha tolto i momenti di gioia quando meno te l’aspetti. Vedere i propri figli prendere la loro strada e vederli felice di affrontare il proprio destino e stargli vicino nei momenti di difficoltà. Cosa che lei non ha avuto la possibilità. Non voglio raccontarti i momenti tragici del suo matrimonio (qualcosa Paola nei nostri incontri mi aveva accennato), ma da queste parole scritte in questi fogli in quaderno scolastico si evidenziano momenti vissuti intensamente, gioiosi che lei sognava di vivere. Vero che sei quel che sei, ma lei sottolineava questo tuo modo di essere senza remore o paura di offenderti, ma di gratitudine. Di averle regalato momenti di vita a cui una donna non posso essere che meravigliosi.
Sono rimasto senza parole e giuro ho pianto. Non mi sarei mai aspettato una cosa simile. Sono stato al telefono in religioso silenzio ad ascoltare.
Ripeto: non sono della stessa idea di Paola, non la critico e ne la giudico e nemmeno te, ma dalle parole lette deduco che questa sua scelta alla fine è stata giusta. Per questo motivo ho deciso di chiamarti e ringraziarti.
Rimango li basito con il telefono in mano senza profferire parola. L’unica che mi viene fuori è: Ciao. Alla fine della telefonata.
Paola era salita al cielo due settimane prima di questa telefonata, vinta da un cancro alle ossa che non le ha lasciato scampo, e nell’arco di diciotto mesi dal momento della diagnosi al giorno della sua scomparsa. Io l’ho incontrata tre volte nei primi sei mesi dal giorno in cui si sapeva. Ecco spiegata poi la sua non comunicazione con me nei successivi dodici mesi. Aveva deciso di vivere questi suoi ultimi momenti in questa maniera. Tutto da non credere. La storia, la motivazione, la telefonata di ringraziamenti della sorella. Tutto.
Ho deciso solo ora di scrivere questa storia a distanza di più di anno dai fatti accaduti, perché fra pochi giorni sarà il suo onomastico e lei era nella mia mente, ma non volevo scrivere, non avevo voglia. Con calma ho trovato le parole in maniera di ricordarmi di lei un domani del suo coraggio di vivere.
Ciao Paola e spero che lassù abbia trovato tutta la gioia di questo mondo che qui non hai avuto del tutto.